venerdì 28 dicembre 2007

Il mondi di A....

Sto scoprendo un mondo che non ha nulla di magico, ma che mi affascina, mi stimola. E' un mondo che ti rende curioso, "stimmy", tenace e grintoso.... a volte aggressivo.
E' un mondo che non fa per me.... ma che mi eccita...
E voglio goderne per un pò...

mercoledì 19 dicembre 2007

Wrecking --> distruggendosi

Non credo sia un semplice video musicale, ma un ritratto di ciò che accade, nella realtà, quando assumi sembianze (giacca, sciarpa del leone) che non sono LE TUE....





Looting the destroyed
Vessels of the sea
I wondered if the waves
Had taken all of me
All of me back
Down to the black
Down to the where the worms reign silent and green
Silent

We can do some wrecking here
Til a little color
Comes into your face
We can do some wrecking here
And find something to love
In this broken place
This broken place

And the king is a hand
And slaps you like a wave
And shackles you down
Bound like an anchored chain in the sand
Sends your ships to the rocks
Sends the keys to the lock of the chain
On your heart
To the mouth of a serpent
And his scaly glass shards

He's holding all the cards
And waiting in the waves
With the poker face
And no trail to trace
No trail to trace

We can do some wrecking here
Til a little color comes into your face
We can do some wrecking here
And find something to love
In this broken place
This broken place

martedì 18 dicembre 2007

Per Stefania….che si sposa!!!

























I vocalist delle discoteche sono esseri da studiare in laboratorio. Meritano di essere analizzati, messi in gabbiette strette e metalliche, con una ruotina per l’esercizio fisico e tanta, tanta acqua. Perché non smetteranno di “sgolare”, parlare, emettere suoni e tutto questo per due obiettivi principali: rovinare le canzoni più belle con le loro parole vane e farti capire che hanno imparato per bene 3 frasi a scuola. “Questa canzone è dedicata a tutte le donne!!!”, “E diamo il via a questa magnifica notttteeeeeeeeeeeeeeee!!!”, “Su le mani ragazzi, su le maniiiiiiii”.

Il vocalist di venerdì sera, alL’OLTRE CAFE’, ce l’aveva con “Giulia, tanti auguri Giulia…per i 21 anni…. di ieri forse….” e con “Stefania, questa canzone è per te, che ti sposiiiiiiiiii”.

Giulia non ha compiuto 21 anni (se n’era accorto anche il vocalist) e Stefania non si sposa (forse le piacerebbe, non riesco a capirlo…).

Venerdì sera si festeggiava il compleanno della Giuly, detta Giulia.

Il locale in piena campagna, le luce calde, blu ed arancio, ed il non essere appiccicati come sardine in una latta mi hanno introdotto allegramente e con ottime speranze.

Le portate intervallate da un tempo pari ad un salmo liturgico in chiesa (30 minuti circa) un po’ meno. Ma senza il “tempo morto” fra un primo ed un secondo…fra un secondo ed un dolce microscopico…. non si sarebbe stato “il tempo vivo”, per sparare parole più o meno interessanti ma molto piacevoli.

AlL’OLTRE finito di mangiare, ci si alza…e si comincia a ballare. Ci si comincia a scatenare quando l’ultimo tavolo, l’ultima sedia della cena è stata tolta.

Mi sono scatenata in pista, come tutte le persone\personaggi che si vedono ritratti in foto.

Per me il personaggio chiave del dopo discoteca è stato Annibale. Un brivido lungo la schiena mi ha pervaso quando ho realizzato di accingermi alla conoscenza di una persona dal nome storico per eccellenza: A N N I B A L E. E’ un condottiero per destino, assegnato: alle 4 del mattino ha avuto il coraggio di proporre un giro in piazza a Carpi (MO) con una brioches ed un cappuccino appena introdotti nello stomaco e -1 C°.

Per me il personaggio rivelazione della serata è stato Alby detto Alberto: un ballerino nato, scatenatissimo in pista, senza freni e batteria mai scarica. Futuro marito, carico come una molla per il destino nuovo alle porte, mi insegna sempre tanto ogni volta che lo incontro: concretezza, fermezza e dolcezza, altruismo anche in una semplice domanda che pone. Poiché non è mai posta per parlare, ma perché gli interessa. Ed è molto raro. Ed io lo apprezzo.

La serata era in onore del futuro Avvocato Cigarini, che ha saputo amalgamare più di 15 persone attorno ad un tavolo in festa non per circostanza, ma per voglia e per sostanza.

Mi sono divertita molto. Molte persone si sono divertite. Forse tutte.

Ma non tutte avevano sempre gli occhi di chi si diverte.

Io vorrei che il VERO regalo fossero occhi sereni e più felici. Non lucidi, talvolta, e rapidi, in preda ad una ricerca all’orizzonte….perchè non ci dovrebbe essere motivo di affannosa ricerca. Dovrebbe bastare girare la testa per guardare chi stai cercando, di fianco a te.

Te lo auguro di cuore.

giovedì 13 dicembre 2007

mercoledì 12 dicembre 2007

Quelo: la risposta è dentro di te....





The old catfish out of water




Sabato sera sono andata ad una riunione di famiglia.
Io non ho una famiglia come le altre: divano, sabati sera in casa, finte circostanze e parole di contorno...
La mia famiglia è strana, come me del resto. Anzi, non proprio strana...speciale.
Mio cugino è la dimostrazione vivente che la determinazione nel portare avanti i propri sogni fa bene all'animo ed alla salute. Portento nel suonare la chitarra, ottimo orecchio, voce che negli ultimi anni si è rivelata una sorpresa...
Mattia Turone, detto mio cugino, è il leader del gruppo THE OLD CATFISH OUT OF WATER.
La riunione di famiglia era una loro performance al Gasoline Pub di Lentigione di Brescello.
Riunione perchè il gruppo è formato da amici da una vita, il pubblico è formato da amici da una vita, una parte del pubblico è formato da parenti di una vita: Turone's and Ferlisi's family.
La mia famiglia ha il potere di trasformare ogni singolo nostro incontro in una simpatica riunione per fare il punto della situazione: siamo tutti troppo trascendentali per fermarci al semplice "come stai?". Molte sono le "seghe mentali" che ci spariamo...ma tutto si risolve in pochi minuti: la risoluzione del conflitto scatenato dalla "sega mentale" si risolve insieme e nella stessa serata.

martedì 11 dicembre 2007

Erase and Rewind

L'ascoltavo sempre dalla mia radio FM portatile, anni fa... in ospedale...
Mi ha tenuto compagnia non poco...e fatto riflettere tanto...
Non ero e non sono prevenuta sul fatto che un "gruppetto musicale" possa esprimere ben di più nei suoi semplici testi e canzoni...



Hey, what did you hear me say
you know the difference it makes
what did you hear me say
Yes, I said it's fine before
But I don't think so no more
I said it's fine before
I've changed my mind
I take it back
Erase and rewind
'cause I've been changing my mind
Erase and rewind
'cause I've been changing my mind
I've changed my mind
So where did you see me go
it's not the right way, you know
where did you see me go
No, it's not that I don't know
I just don't want it to grow
It's not that I don't know
I've changed my mind
I take it back
Erase and rewind
'cause I've been changing my mind
Erase and rewind
'cause I've been changing my mind
Erase and rewind
'cause I've been changing my mind
Erase and rewind
'cause I've been changing my mind
Erase and rewind
Erase and rewind
I´ve changed my mind!

sabato 8 dicembre 2007

Una storia che non è una fiaba

Ho sempre dovuto farmi notare. Non per manie di protagonismo, ma per avere un minimo di importanza e considerazione perfino, ed almeno, nelle vite dei miei genitori.

Da infante ero iper-attiva: dovevo in qualche modo far reagire gli animi che mi stavano attorno, almeno ricevere un contatto umano, che spesso e volentieri erano sberle o sculacciate, difficilmente carezze. Sbagliavo nella modalità di richiamo: facevo fin troppo successo nel mio “baccano” e “confusione”. Il risultato era “fastidio”.

Da adolescente ho avuto un’illuminazione: se non potevo avere l’attenzione per “partito preso”, in quanto “figlia”, lo avrei avuto perché “genio incompreso”. Le medie sono state il mio primo “coronamento” da secchiona. Non trascorrevo pomeriggi senza ore di studio. Mi violentavo su libri, già classici e troppo colti per la mia giovane età. A 14 anni avevo già letto tutta la bibliografia di Fedor Dostoevskij. Gli ottimi in pagella e le insegnanti adoranti mi davano le uniche soddisfazioni che avevo. E perché togliermi almeno quelle? I miei genitori erano molto orgogliosi di avere una figlia tendente alla genialità. Inesistente. Non era genialità. Era disperazione.

Squadra che vince non si cambia: ho trascorso i primi 2 anni di liceo sputando sangue per la media del 9 in tutte le materie. E l’avevo.

Poi, a 15 anni, mi sono accorta che l’attenzione di un maschietto non mi faceva schifo, anzi. Mi gratificava, mi faceva fremere…più del trattato di energia nucleare di Eistein. Il mio primo bacio ha segnato la fine della media del 9. Avevo trovato un’altra fonte di emozione personale e gratificazione, considerazione.

Non è stata finzione. Ho amato la cultura, lo studio, la scienza, la letteratura.

Ho studiato per passione. Per voglia. Non per obbligo o per mancanza di altro da fare di meglio.

Mi sono resa veramente conto di quanto io abbia dato a me stessa concludendo ai 160 km\h in autostrada: laureandomi con 110 e lode.

Quasi sempre regalo libri. Quasi sempre viaggio con libri in mano. Quasi sempre parlo di citazioni di libri letti. Quasi sempre consiglio libri.

Il mio percorso è una storia, ma non è mai stata una fiaba.

I miei anni mentali, pari a 2 volte quelli anagrafici, sono la dimostrazione della solitudine che ha accompagnato la mia evoluzione in Donna e la sofferenza per questa. Eppure, ero sempre insieme a persone, amici, fidanzatini…familiari…da cui non ho mai ricevuto un gran chè. O da cui, forse non sono stata in grado di ricevere un gran chè. Anche se, porca troia, io ho sempre dato tantissimo…

Allora ho smesso di pretendere. Non è corretto pretendere dagli altri…. Da te si. Ho continuato a pretendere dall’unica persona da cui potevo farlo: Alessandra.

Piede sull’accelleratore sempre, prestando molta attenzione alla strada, soprattutto in curva.

Il risultato è questo. Quello che vedo quando mi guardo allo specchio.


venerdì 7 dicembre 2007

Niente paura....

....ma HO MOLTA PAURA...



A parte che gli anni passano
per non ripassare più,
e il cielo promette di tutto
ma resta nascosto li dietro il suo blu,
e anche le donne passano,
qualcuna anche per di qua,
qualcuna ci ha messo un minuto,
qualcuna è partita ma non se ne va..

Niente paura, niente paura, niente paura
ci pensa la vita mi hanno detto così
Niente paura, niente paura, niente paura
si vede la luna perfino da qui..

A parte che ancora vomito
per quello che riescono a dire,
non so se sono peggio le balle
oppure le facce che riescono a fare
A parte che i sogni passano se uno li fa passare
alcuni li hai sempre difesi altri hai dovuto vederli finire..

Niente paura, niente paura, niente paura
ci pensa la vita mi hanno detto così
Niente paura, niente paura, niente paura
si vede la luna perfino da qui..

Tira sempre un vento che non cambia niente
mentre cambia tutto sembra aria di tempesta,
senti un po’ che vento forse cambia niente
certo cambia tutto sembra aria bella fresca..

A parte che i tempi stringono e tu li vorresti allargare
e intanto si allarga la nebbia
e avresti potuto vivere al mare
ed anche le stelle cadono
alcune sia fuori che dentro
per un desiderio che esprimi
te ne rimangono fuori altri cento..

Niente paura, niente paura, niente paura
ci pensa la vita mi hanno detto così
Niente paura, niente paura, niente paura
si vede la luna perfino da qui

Niente Paura, niente paura

martedì 4 dicembre 2007

E Dio Alieno disse.... [filosofia 4 dummies]

...parlando delle donne:
"Come da manuale, se non ti frega un cazzo - te la dà...
Perchè quando non te ne frega un cazzo riesci ad essere più te stesso perchè appunto te ne freghi e riesci a mettere quel minimo di distacco che emana fascino".


Applausi.

lunedì 3 dicembre 2007

Le case

Mi piace guardare le case, fuori…viali di case, quartieri di vari periodi (anni ’70, anni ’80… molto recenti). Mi piace sbirciare dentro alle case, vedere i mobili che i suoi occupanti hanno scelto, se c’è la televisione accesa… cosa fanno nel tempo libero in casa le famiglie. Le case non sono abitate da famiglie, spesso. Un tempo casa era un’immagine calda di famiglia sotto lo stesso tetto. Ora non mi sento di concordare.

Ora la casa è, a tutti gli effetti, il luogo dove i “cittadini” mettono le loro cose, si riposano, si lavano, mangiano ma non sempre, dormono, fanno sesso, stanno per i fatti loro.

La casa era sinonimo di “unione”: in casa si è in compagnia della proprie persone care.

La casa, ora, è sinonimo di “mi metto per i cazzi miei”. Se sono pseudo-innamorato mi porto un’altra persona. Se mi sento ancora un po’ solo, si pro-crea…se ci si sente ancora soli…si pro-crea again and again.

Rimangono contemporanei gli sforzi che si fanno per AVERCELA UNA CASA. E quei meccanismi che insorgono “malati”: pur di andarsene da una in cui si vive male, ci si infila in un’altra casa in cui si “spera” e si “crede” di vivere un tantino meglio.

Mai che qualcuno CI SI SFORZI PER FARE DELLA PROPRIA CASA UNA TANA.

Gli animali sono geniali: la loro casa è una tana, è un nido. Un luogo in cui sentirsi al riparo, in cui stare bene perché rasserenati dall’assenza di pericoli, in cui comunicare e trasmettere sentimenti, in genere affetto.

Le case degli umani sono i luoghi più guerraioli del pianeta, i luoghi in cui si uniscono le più “basse” intenzioni ed intenti.

Mi sento un po’ schifata.

Devo cambiare casa.

It's no good


Chi, chi….homo sapiens “evolutuus” non ha mai ascoltato almeno una volta nella sua breve, finora, ma intensa vita….“It’s no good”, canzone iper-anni ’80 dei miei amici Depeche?!? Immagino nessuno.

Non importa…ve la farò ascoltare ora, o almeno vi instillerò l’irresistibile curiosità di ascoltarla e\o di leggere il testo, capire che cosa può trasmettere una canzone di questo tipo.

I Depeche si sono drogati tanto, ma veramente tanto. Il cantante, Dave Gahan, ha rischiato le sue sottili squame più volte per overdose. Per questo lo stimo ancora di più e mi fido di ciò che dice, di ciò che ha visto assumendo stupefacenti. Gli stupefacenti aiutano a vedere oltre: pochissime persone senza droghe riescono a vedere oltre.

Le canzoni dei Depeche vedono oltre. Ora sapete e capite il perché. Sono intrise di “voglia di farsi”. Di voglia di poter guardare altro, al di là del nostro superficiale squallore.

Li stimo, li apprezzo.

Ieri sera ero in auto con un rettile, un Uomo che si crede ancora ragazzo perché non riesce a prendersi sul serio. Questo lo porterà all’eterna salvezza.

Ringrazio per la mise, giacca e pantaloni scuri, cravatta Dolce & Gabbana, camicia, cintura Prada…. “stasera mi sono vestito così per omaggiare te ed i tuoi occhi”. Cappotto sopra al completo. Scarpe affusolate ma non troppo, punta rotonda a 45 gradi, la perfezione. Ma del resto, chi pensate gli abbia regalato nel corso di questi anni la cravatta D&G, la cintura Prada…. E chi lo accompagna a fare shopping nei cambi di stagione?!? Ringrazio, ancora, per la mise ma ne ne prendo i meriti per l’ottima riuscita ed impatto sul genere femminile.

Cippa è il mio psico-terapeuta abbozzato. L’ho applaudito 4 volte nel corso di un discorso di 20 minuti, poco meno. Ho stima intellettuale per poche persone, purtroppo, me ne rammarico. A volte mi chiedo come a 31 anni si possa conoscere così tanto il genere umano, avere una cultura così approfondita ed estesa su più campi…avere così tanto paura della “sofferenza”.

Gli applausi non sono mentali, ma sonori, meccanicamente eseguiti. Immaginate due persone su un macchinone da pappone, Bmw antani-supercazzola, che applaudono ridendo per le cose che fluiscono dalle loro bocche senza freni.

Ho una forte difficoltà a trattenermi, a non dire sempre ciò che non mi piace, a ciò che ritengo indegno, a ciò che penso sia sbagliato, oggettivamente sbagliato… a dire sempre la verità….pur compromettente che sia. Mi inginocchio: “Spigo, non puoi permetterti di sprecare sempre e comunque energie nel dire la verità, nel dire cose, che non vengono nemmeno comprese da queste persone…ascoltate nella maniera corretta, rielaborate. Lascia perdere, non sprecare così tante energie in una cosa che è un TUO IDEALE: rendere limpido qualsiasi tipo di rapporto. Non è possibile, faticosamente praticabile. Concentrati su poche persone, lavora le idee con queste… ti conosco, stai attenta a come LE DICI, perché tu sei capace di mandare in paranoia la gente, di indurla a forti seghe mentali”.

E’ vero. Mi scuso con tutti coloro ai quali ho indotto paranoie e seghe mentali.

Mi manca il sole, il sole che fa abbronzare. Mi piacerebbe fare un viaggio in un paese esotico appena possibile. Il sole mi tranquillizza, ed io avrei meno da scrivere, meno cose da dire…

Ieri sera ho visto uno spettacolo di prosa teatrale, Teatro Valli di Reggio Emilia, “Un certo Signor G” con Neri Marcorè, testi di Giorgio Gaber.

Ho rivisto il mio primo morosino, quello dei 14 anni, il mio primo bacio. Orrendo, panza da quarantenne, barba lunga…. Cristo Santo, ti chiedi e dici sempre “stavo facendo un investimento sbagliato….”, sì, perché quando hai una relazione…vedi sempre il partner come un piccolo/grande investimento….per qualsiasi evenienza: rimarrà tuo amico/confidente, sarà in grado di essere un buon amico o penserà a me sempre come una calda vagina? Avete fatto dei filmini porno: se li terrà stretti o li divulgherà sputtanandomi? Ha conosciuto di te le trasgressioni più imbarazzanti: mi segnalerà ad un centro di disturbi mentali?

Lo spettacolo è stato piacevole, a tratti un po’ troppo “gravoso”.

Mi è rimasta impressa una frase famosa di Gaber: “la libertà è partecipazione”.

È tutta notte che sento ronzarmi nella mia testa questa frase. E poi ho sognato di tagliare la gola ad un albanese.

Che cosa significa?!?

“It’s no good”: non è bene riversare su un altro essere umano le proprie debolezze, sconfitte….quando ci incazziamo siamo portati umanamente a farlo.

E questo mi fa incazzare.


La malattia

La mente mente. Il corpo no.

Non ci riesce, per sua natura… è l’entità fisica materiale più sincera che conosca. Altrimenti non si spiegherebbero le SOMATIZZAZIONI: tutto ciò che la mente cerca di celare e\o di confondere viene reso manifesto dal corpo.

Erano giorni, settimane che dicevo a me stessa “Alessandra, sei molto stanca…”. Ma erano altrettanti giorni, settimane che non riuscivo a trovare un attimo di pace per il mio corpo….e probabilmente nemmeno per la mia mente. La mia coscienza, bene o male, riesce a rimanere in pace con se stessa sempre più spesso e sempre più a lungo.

Ed il corpo mi ha costretto a dargli quello che voleva: il suo riposo.

Ed eccomi qui, a letto da 2 giorni, con un po’ di febbre, tonsillite, raffreddore….mal di ossa. Tutto ciò che serve per costringermi a letto, per pensare e scrivere.

Non ho ancora scritto il pezzo più importante di questo mio discorso: SONO CONTENTA DI ESSEREMI AMMALATA.

Ma non perché ora lavori tanto in termini di ore e di energie (mi piace farlo, non mi pesa), ma perché era giunto il momento che mi prendessi una pausa per pensare a me ed alle mie cose: ecco, questo mi pesa….l’avere giornate solo di 24 ore ed essere una mezza sega che ne deve dormire almeno 7/8 per poter rendere bene il giorno dopo.

L’aver trascorso la mattinata di ieri vedendomi 2 film di seguito di Nanni detto Moretti….l’aver letto e sfogliato finalmente Vogue ed Elle per tutto il pomeriggio…. sempre a letto. È possibile godere così tanto per così poco? Si, soprattutto quando questo poco diventa tantissimo.

Non ho più il telefono di casa, si….si…. non ho più la linea telefonica presso la mia dimora. All’inizio ne rimasi sconcertata per la scelta quasi impostami…ora, penso, sia magnifica come scelta. Spegnere anche il cellulare significa divenire irraggiungibile. Mi rende molto libera. E per me, ho capito, è fondamentale sapermi e sentirmi libera.

C’è chi mi chiama “cugnisssion” (tono e pronuncia del dialetto reggiano) per il mio essere senza “cognizione”: dire cose, fare, vedere gente, muoversi….sempre secondo il mio modo di fare senza cognizione, che comporta l’essere molto spontanea. Troppo, quando dico le cose in faccia.

Io voglio capire, porca troia, perché essere puri sia il problema.

Voglio capire perché NON CI SI RENDA CONTO DEL VERO PROBLEMA: CHE NON C’è PIU’ NULLA DI VERAMENTE PURO, QUASI NESSUNO…e di conseguenza nulla che venga fatto con purezza. I bambini, ora, sono sempre più adulti: cominciano prestissimo ad essere falsi e costretti in ruoli “di cognizione”. Non si rimarrà più eterni bambini, perché perfino quest’ultimi sono fetenti.

E la cosa mi demoralizza, ma non mi spinge ad essere più normale, ad avere più cognizione.

Continuerò a dire “cazzo” e “vaffanculo”.

E continuerò a fare quello che mi va di fare.

Ma, cazzo, ci rendiamo conto che non prendiamo mai scelte e facciamo il 70% delle cose per inerzia del destino, seguendo ciò che il caso ci ha portato dinnanzi? Il destino come entità esiste a metà, l’altra metà siamo noi.

Sveglia.

Un tempo mi facevate incazzare.

Ora voglio “ritagliare” solo ciò che mi piace e mi fa ridere. Me ne fregherò di voi, almeno che non mi chiediate voi di interessarmene.

Il meridionale ed il negro

Qualche ora in attesa dal medico “di famiglia”, il cosiddetto “medico della mutua” (mi piace chiamare il mio dottore in questo modo…mi ritornano alla mente le opache scene del famoso film con Alberto Sordi) vale più di prolungate fantasie e profondi pensieri sui luoghi comuni più attuali: il razzismo.

Dal medico ci si sente tutti vittime, della sfiga: perché mi sono ammalato proprio io, perché questo tipo di malattia proprio a me, per curarmi dovrò sprecare un sacco di tempo, per curarmi dovrò spendere molti soldi….perchè devo aspettare così tanto….

Qualche ora in attesa dal medico “di famiglia” vale più di una seduta da uno psicoterapeuta. Viene spontaneo sfogarsi, parlare del perché si sta aspettando così tanto il proprio turno, del cosa sta succedendo in famiglia e di quanto ci si senta stanchi e “vecchi”.

Il medico “della mutua” di paese, soprattutto del “paese” piccolo reggiano e comunista, è sempre sotto esame: sono gli anziani i giudici più severi sul suo operato, perché loro stessi sono i più grandi fruitori. Se non fosse che oltre ad essere anziana la maggior parte è anche rincoglionita, sarebbe interessante poter credere a ciò che dice o pretende di dire questa parte della popolazione.

Al mio arrivo in ambulatorio, sono stata preceduta di qualche secondo da una giovane madre meridionale ed i suoi piccoli figli: Alex e Maicol. La scelta dei nomi dei figli è stato per me un sentore. I figli, 3 e 6 anni, si sono esibiti per un’oretta in un’opera di prosa demenziale dal titolo “siamo il futuro dei giovani meridionali emigrati, tanta grinta e maleducazione”, la regia, sicuramente, dei genitori….la sceneggiatura, beh, un po’ personale, un po’ dei familiari. Il più piccolo dei 2 bambini aveva un tic alla mano: faceva in continuazione il dito medio alla madre, che, vergognandosi “come un cane”, faceva finta di non vederlo e\o di considerare il tic del bimbo come un nervo indipendente che ogni tanto gli faceva irrigidire il ditino. Il più grande, 6 anni, riempiva il piccolo di botte in testa: la madre, contenta, gli diceva “fai bene, così tuo fratello stà un po’ fermo”. All’arrivo di una amica meridionale della mamma meridionale, quest’ultima si alza ed accetta la proposta dell’amica: andare a fumare “una paglia” fuori. È stato per un attimo divertente e tragi-comico immaginarmi la scena di due donne dal medico perché ammalate, ferme in piedi al freddo, davanti alla porta del medico, intente a fumarsi una sigaretta parlando di ciò che loro stesse reputano i loro problemi esistenziali.

È il turno della famigliola meridionale. La madre entra dal medico col figlio più piccolo. Il più grande rimane in giro fuori e dentro la sala d’attesa. Durante “la paglia” con l’amica, la porta della sala d’aspetto che dà sul giardino-esterno rimarrà aperta, facendo prendere freddo a coloro ancora in attesa all’interno e permettendo a quest’ultimi di ascoltare ogni singola parola di confidenza con l’amica. Il figlio più grande, rimasto fuori dall’ambulatorio, si sente solo…raggiunge la madre e il fratellino entrando nell’ambulatorio del dottore senza bussare e spalancando per bene la porta in modo da far vedere per bene i rudelli della madre sul lettino intenta a dire trentatre.

I discorsi sulla sfortuna, sulle proprie disgrazie fisiche e non dei pazienti ancora in attesa non poterono che optare su un altro argomento: la maleducazione dei figli dei “terroni”. È stato bellissimo per me ascoltare con le mie orecchie parole in puro dialetto parmigiano (semi-reggiano): mi sono sentita protetta, a casa. Alessandra, in compagnia di una vecchietta, 2 anziani signori ed un giovane quarantenne… tutti originari di Gattatico, provincia di Reggio Emilia, ma di animo parmigiano ma pur sempre comunista, di comunione e lotta alla diversità locale, alla minaccia per la propria comunità. “Questi meridionali fan venire su i figli come bestie”, “bisogna insegnare ai propri figli l’educazione fin da subito, il rispetto…anche in maniere dure”, “….ma ha lasciato la porta aperta? Ancora? A casa loro hanno le tende….si vede che vivono nell’isola dei famosi…”, “Mamma mia, quello più piccolo diventerà un delinquente…”. Bravissimi. In dialetto, sempre… Rimarcate il territorio, il vostro, nostro, territorio… mi piacete, campanilismo fin da colazione….e anche per cena.

Una “comune”, in cui i toni si facevano pacati oppure forti a seconda delle parole che si pronunciavano, che si potevano far udire ai più nell’altra stanza, oppure far rimanere nell’intimità della sala d’aspetto di quei pochi…

Tutto è finito all’ingresso di un negro, ragazzo di colore un po’ sporco (muratore? bracciante?). I discorsi sono morti in bocca. Anche nelle bocche di coloro che le volevano ancora aprire, perché vogliose di dire ancora la loro… sguardi spaventati, all’aria…oppure fissi sul nuovo arrivato.

La Nasa potrebbe benissimo rivelare la verità, cioè che gli alieni esistono e che ne hanno le prove.

Nulla spaventerà la popolazione gattatichese (ma ho paura che il discorso possa essere esteso ovunque) più dell’extraterrestre “terrone” ed “extracomunitario”.

Non mi sento di chiamarmi fuori. Sono gattatichese anche in questo.