L’interesse culturale che questo oggetto riveste è dovuto alla quotidianità del suo uso, assunta nel corso degli anni, dalla vendita del primo telefonino negli anni Ottanta negli Stati Uniti[3] ad oggi. Già nel 1995 il telefonino veniva considerato un oggetto quotidiano a tutti gli effetti, ovvero un “correlato abituale e corrente delle pratiche di vita ordinarie dei membri di un gruppo, di una comunità o di una società”[4]. A questa quotidianità acquisita è seguito un sempre maggiore investimento estetico e tecnologico di questi oggetti, nelle forme, nei colori, nei materiali, nei software e nelle applicazioni e funzioni. Come se l’uso quotidiano dell’oggetto stesso potesse inglobare anche altri oggetti, di uso più sporadico e meno pratico e come se il fatto di abitare il corpo di milioni di persone legittimassero quest’ultime a voler un oggetto anche bello da guardare e mostrare. Sono divenuti centrali i ruoli assunti dal design e dalla tecnologia hardware e software. La grande trasformazione che ha subito questo oggetto è quella di essersi tramutato da “terminale telefonico”, strumento mobile per comunicare, in un “terminale dati”, uno strumento per archiviare, gestire e classificare una serie di dati eterogenei, audio e video, in unica unità digitale. Nel corso del tempo, il telefono cellulare si è via via ibridato con fotocamere, agende, registratori e pc palmari divenendo un dispositivo portatile multifunzionale: la mobilità è divenuta la caratteristica semantica fondamentale dell’oggetto. Oggi, il telefonino, sempre più accattivante e personalizzabile nel design e colmo di informazioni personali, non è semplicemente integrato nelle pratiche quotidiane, ma integrato negli individui stessi.
Secondo Barthes, un telefono non serve esclusivamente per telefonare, poiché “c’è sempre un senso che va oltre l’uso dell’oggetto. Possiamo immaginare un oggetto più funzionale di un telefono? Tuttavia, un telefono ha sempre un senso indipendente dalla sua funzione: un telefono bianco trasmette una certa idea del lusso o della femminilità; vi sono telefoni burocratici, vi sono telefoni fuori moda che trasmettono l’idea di una certa epoca; insomma, il telefono stesso può far parte di un sistema di oggetti-segni”[5]. Il messaggio dell’oggetto-segno, oltre alla propria funzione, possiede “un secondo senso, diffuso, generalmente ideologico”[6] il quale rimanda ad una serie di valori simbolici di carattere sociale e culturale. Anche le riflessioni di Umberto Eco sugli oggetti d’uso partono dall’assunzione dicotomica uso\simbolo: “una sedia mi dice anzitutto che posso sedermici sopra. Ma se la sedia è un trono, non deve servire solo a se dermici: serve a far sedere con una certa dignità. Serve a corroborare l’atto del sedere con dignità attraverso una serie di segni accessori che connotino la regalità (aquile sui braccioli, spalliera alta sormontata da corona, ecc.”[7].
La componente funzionale di un oggetto è articolabile in “tre dimensioni della cultura”[8]: la dimensione funzionale, vale a dire le azioni rese possibili dall’oggetto, la dimensione mitica, ovvero l’universo assiologico[9] coinvolto nell’oggetto, e la dimensione estetica, che riguarda l’attribuzione di giudizi qualitativi sull’aspetto dell’oggetto.
Un telefonino si relaziona con l’utente non solo tramite i propri elementi morfologici, ma sempre di più tramite la sua interfaccia grafica. Si può osservare come ad una progressiva valorizzazione della dimensione estetica di questi oggetti sia corrisposta una progressiva dematerializzazione degli stessi, nella misura in cui il luogo dell’interfaccia grafica ha acquisito una presenza sempre più invadente nella configurazione dell’oggetto. Più precisamente, per dematerializzazione non si intende la sparizione di oggetti fisici ma un processo che può riassumersi in tre aspetti[10]: l’implementazione di funzioni via software, la diminuzione del lavoro d’attivazione di comandi, la miniaturizzazione delle componenti hardware.
Il primo processo è visibile nei nuovi telefonini multimediali che integrano funzionalità diverse dal loro primordiale scopo e che stanno portando alla scomparsa di oggetti simili: dai più semplici (radiosveglie o calcolatrici) ai più complessi (agende elettroniche, fotocamere digitali, lettori musicali). Questo fenomeno può essere interpretato come una cannibalizzazione che il telefonino opera nei confronti di altri oggetti portatili. Il modello di telefono cellulare che più di tutti ha “rubato” ruoli ai restanti “piccoli oggetti di elettronica di consumo” è il Nokia N95: connettività ad infrarossi, bluetooth, wi-fi (un vero e proprio piccolo modem e pc portatile), lettore musicale, fotocamera digitale da 5.0 megapixel, memoria espandibile tramite memory card, ecc. .
Si è cercato di diminuire il lavoro d’attivazione di comandi attraverso lo sviluppo di tecnologie touch screen: dispositivo hardware che consente all'utente di interagire con un sistema operativo software toccando lo schermo. Lo si può dunque considerare come l'unione di un dispositivo di output (lo schermo) e un dispositivo di input (il sistema che rileva il contatto con lo schermo stesso, ricavandone la posizione). Quest'ultimo meccanismo è alternativo all'uso di altri dispositivi di puntamento come il mouse od i tasti.
La miniaturizzazione delle componenti hardware è avvenuta con la sempre più “portabilità” dell’oggetto, rendendolo, cioè, sempre più piccolo.
A tutti questi aspetti evolutivi tecnologici, si è unita la necessità di concorrere nel mercato della telefonia mobile rendendo l’oggetto anche fashionable. Il modello di telefonino LG KE850 PRADA è la dimostrazione di ciò che è attualmente la tendenza delle aziende produttrici di telefonia mobile: fare del telefonino uno style simbol, per bellezza, design, usufruibilità, tecnologie diversificate ed implementate, funzioni diverse, ecc. .
E’ il consumatore a scegliere la tipologia d’oggetto che più si avvicina al suo stile di vita e che riesce a comunicarlo, facendolo personale oggetto di “memoria” (memorizzazione di dati, file, immagini, ecc.), contatto (poter chiamare e massaggiare gli utenti della rubrica) e valore ostentativo (merce da mostrare intrisa di significati). Il telefono cellulare è l’oggetto tecnologico che più di tutti, ad oggi, ha perso, e continua a perdere, valore strettamente d’uso (la sua funzione primaria, il chiamare e poter parlare con altri soggetti distanti) e acquista sempre più valore simbolico\sociale (far parte di una comunità, rimanere sempre connessi a questa e poter mostrare a quest’ultima l’oggetto stesso).
[1] Pintori E., Design delle interfacce, www.ocula.it.
[2] Il significare ed il suo risultato.
[3] Il primo modello di telefono portatile in commercio, il Motorola Dyna-TAC 8000X del 1983, pesava circa un chilo, era alto
[4] Semprini A., L’object comme procès et comme action, L’Harmattan, Paris, 1995; traduzione italiana: L’oggetto come processo e come azione. Per una sociosemiotica della vita quotidiana, Esculapio, Bologna, 1996, cit. p. 14.
[5] Roland B., L’aventure sémiologique, Seuil, Paris, 1985; traduzione italiana: L’avventura semiologica, Einaudi, Torino, 1991, cit. p. 40.
[6] Ibidem, cit. p. 35.
[7] Eco U., La struttura assente, Bompiani, Milano, 1968, cit. p. 206.
[8] Cfr. Greimas A.J., De l’imperfection, Pierre Fanlac, Périgueux, 1987; traduzione italiana: Dell’imperfezione, Sellerio, Palermo, 1988.
[9]Basato su criteri di valore.
[10] Cfr. Norman D., The invisible computer, MIT, Cambridge, 1998; traduzione italiana: Il computer invisibile, Apogeo, Milano, 2000.
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