Posto una parte che ho composto oggi sotto l'effetto di fumo di un incenso tibetano, un pò troppo forte forse... sulla quale mi serve un parere "intimo"....
"Trovarsi intorno ad un tavolo e condividere il piacere del cibo è un’esperienza che tutti condividiamo: quante tensioni, quante incomprensioni si possono stemperare davanti ad un piatto appetitoso, meglio ancora se accompagnato da un buon vino (“mangia o bevi che ti passa”). Le occasioni sono molteplici, dalle feste comandate col pranzo di famiglia, all’incontro fissato e “calendarizzato” per una pizza o due spaghetti con gli amici. È un’occasione per incontrarsi, per stare insieme lontani dai problemi del lavoro o magari della famiglia, che si distingue dal pranzo\cena quotidiano, che ha la funzione, fondamentale, di nutrirci per vivere e che si svolge tra le pareti domestiche, ma privo solitamente di valori simbolici, anche se anch’esso ricco di una sua ritualità: quella del ripetersi almeno una\due volte al giorno.
Questa funzione sociale del cibo non è solo una caratteristica della nostra età, in cui il ritmo frenetico, la velocità con la quale tutto accade, rende necessario, quasi vitale, fermarsi a coltivare un modo diverso di stare con gli altri. Tale funzione risale ai tempi antichi, quando il banchetto era essenzialmente banchetto sacrificale. L’offerta agli dei, con l’uccisione dell’animale, comportava tutta una serie di operazioni che si concludevano col destinare agli dei le ossa, che venivano poi bruciate, e con il consumare la carne da parte di chi compiva il sacrificio. L’alimentazione carnea coincide con le pratiche sacrificali che hanno una vocazione alimentare ma anche sociale. A partire dal V secolo a.C. tutta la carne che si mangiava doveva provenire da un’uccisione rituale; sacrificio e macellazione, fino alla fine dell’epoca classica, avevano lo stesso significato, tanto che esisteva la figura del mageiros che era insieme macellaio, cuoco e sacrificatore.
Dall’epoca classica alla civiltà cristiana cambiarono i valori e i modelli di vita, ma rimase la ritualità del banchetto, dall’ultima cena del nuovo testamento al banchetto eucaristico in cui pane e vino diventano corpo e sangue versato per noi, in memoria di un sacrificio, quello di Cristo sulla croce.
Non cambia nemmeno la funzione sociale del cibo, che non è solo occasione comunitaria o politica; sempre più ciò che uno mangia lo qualifica socialmente: “dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”. In epoca feudale il mangiare carne distingueva socialmente, poiché essa era il cibo delle classi sociali più elevate, ed in particolare della nobiltà, che aveva come passatempo-attività la caccia, severamente proibita ai non addetti, vale a dire ai contadini. La cacciagione era, quindi, il cibo dei ricchi: per tutti gli altri c’erano i prodotti della terra, cereali e verdure: la carne, sempre poca, quella degli animali da cortile, che però venivano allevati per la vendita, appariva solo in qualche rara occasione di festa.
Solo più tardi, dopo la scoperta dell’America, ormai già nel Seicento, la dieta contadina si arricchirà di altri cibi, dalle patate al mais, al pomodoro, che miglioreranno il cibo quotidiano, che avrà sempre però una caratteristica: quella di essere parco.
Il gusto del banchetto apparteneva a chi se lo poteva permettere ed ecco che dal Rinascimento ci arrivano notizie di pranzi incredibili e luculliani in occasione di matrimoni o per accogliere illustri ospiti. Innumerevoli portate, frutto di giorni di lavoro, si succedevano tra lo stupore dei convitati; straordinarie composizioni di cibi vari, tra i quali faceva la parte del leone la carne, soprattutto quella scura, presentata in costruzioni a sorpresa: nel maiale un animale più piccolo ed in questo magari un fagiano o un tordo. Il tutto abbondantemente profumato da spezie di vario genere, che servivano per insaporire ma anche per nascondere odori poco piacevoli dovuti alla difficoltà di conservazione dei cibi.
Anche il secolo dei lumi non disprezza i banchetti, e i grandi filosofi, come Voltaire, erano delle degne forchette. Si racconta che alla corte di Federico II di Prussia i pranzi, dati in onore dell’illustre ospite francese, finissero molto spesso in un’ indigestione collettiva. Eppure il Settecento, nella sua critica al passato e nel suo mettere ordine e semplicità in tutti i campi, nel suo rifiuto dell’eccesso tipico del Barocco, si premurò anche di rivedere le abitudini alimentari, in particolare venne bandita la carne scura che tanto era apprezzata nel periodo precedente, per dare spazio al pesce ma soprattutto alla carne bianca, di sapore più delicato che sembrava più raffinato a questa società di uomini e donne raffinati.
Naturalmente siamo sempre in ambienti della nobiltà, a cui si stava affiancando la ricca borghesia emergente che, nella sua ricerca di potere e visibilità, si allinea ai comportamenti dei nobili. I contadini continuano a mangiare cereali e verdure, quando va bene.
In epoca moderna, o meglio negli ultimi 50 anni, le distinzioni sociali si sono attenuate per lo meno nell’ambito dell’alimentazione, in quanto ci troviamo nel regno dell’abbondanza. Tutti possono mangiare carne, anche due volte al giorno e possibilmente tagli scelti e magri. E la cosa strana è che il cibo contadino, prima disprezzato dalle classi abbienti perché simbolo di povertà, ora diventa l’ideale di alimentazione sana e gustosa.
Soprattutto a partire dagli anni Ottanta si è diffusa la ricerca, da parte dei buongustai, della trattoria casalinga, possibilmente fuori porta, sinonimo di bontà e semplicità, vana ricerca di un mondo e di un prodotto che non esiste più. Anche la nuova cucina (la famosa nouvelle cousine o simili) scopre l’uso di elementi semplici o cereali prima ritenuti poco nobili, quali l’orzo e il farro.
L’ultima scoperta dei nostri giorni è il prodotto biologico, che col suo elevato prezzo cerca di consolarci della perdita di cibi naturali e tenere lontano lo spettro del transgenico. Anche questo è un rito o forse è la nuova barriera sociale: da una parte la naturalità che in quanto tale definisce una nuova élite, una sorta di nuova nobiltà, dall’altra il Mc Donald’s, simbolo di globalizzazione del cibo e non solo, roba poco raffinata, a poco prezzo, che però ha fatto colpo nell’immaginario collettivo dei nostri figli.
Insomma, riti diversi ma sempre riti. Del resto non possiamo dimenticare che anche nella nostra società alcuni cibi hanno un valore simbolico, di cui abbiamo perso la coscienza, ma che testimoniano la funzione dell’alimentazione all’interno di ogni società, che va ben al di là del semplice mangiare per non morire. Questi cibi sono legati ad alcune festività, tutte per altro feste dei morti: dal Natale al capodanno, da carnevale a Pasqua; eredità di un mondo contadino che celebrava la morte come necessario passaggio alla vita. Si tratta di cibi a base di alcuni ingredienti come l’uovo, i semi, simbolo di fertilità.
Parlare di cibo e di alimentazione, al di là del piacere nel ritrovare o scoprire antichi o nuovi usi, è impresa complessa: non si tratta solo del cibarsi, si tratta anche di un modo di stare insieme, di vivere la vita e dare un valore a certe cose piuttosto che ad altre. Tornando nuovamente al “dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”, appare chiaro che il cibarsi è un’operazione che ha implicazioni che coinvolgono in profondità il nostro essere e che ci porta, come causa o conseguenza, ad esprimere un giudizio sul mondo. Come non ricordare la tragedia dei disturbi alimentari, anoressia e bulimia, che caratterizzano il nostro tempo e sono l’espressione di un rifiuto che va ben oltre il cibo per diventare rifiuto di modelli di valori condivisi. Come non ricordare, ancora, che in un periodo di “vacche grasse” va di moda il magro, per cui il nuovo modello estetico è un essere diafano, quasi incorporeo, con il quale ci confrontiamo tutti, quotidianamente, sentendoci sempre inadeguati e sottoponendoci a più o meno ferree diete.
Il modello che la nostra società ci propone è sventolato e pubblicizzato dando luogo a tutto un settore di studi e pubblicazioni che indicano quali sono le diete migliori, cosa si può mangiare e bere e cosa è vietatissimo.
Così, tra un libro di ricette ed un altro di consigli per dimagrire, nasce una nuova cultura, un nuovo modo di stare insieme, spesso un po’ dissociato e contraddittorio, come dissociata e contraddittoria è questa nostra società."